mercoledì 5 novembre 2008

"L'antimafia costa troppo"

"Rapporto costi - benefici sproporzionato". Parola di Marcello Dell'Utri, che aggiunge "L'antifascismo, un concetto obsoleto. Quando c'era il Duce lo Stato funzionava meglio"

L'antimafia? Costa troppo. L'antifascismo? Concetto obsoleto. Parola del senatore Marcello Dell'Utri, eletto nelle file del Popolo della libertà nonostante una condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa e una condanna in Cassazione per frode fiscale. "L'Antimafia non è finita - concede -. C'è e ci sarà finchè esiste la mafia ed è un bene. Credo, tuttavia, che, allo stato attuale, il rapporto tra costi e benefici sia assolutamente sproporzionato, soprattutto quando alcuni procuratori antimafia fanno politica". La sentenza, espressa durante una conversazione con Klaus Davi all'interno di contenitore di approfondimento politico in onda su YouTube, voleva essere una replica a Giancarlo Caselli che aveva sostenuto l'impossibilità di processare i politici collusi.

Vittorio Mangano, lo "stalliere di Arcore", condannato per duplice omicidio? Niente meno che un eroe. Perché? Perché non ha infangato né lui, né il Cavaliere. "Era tra le tante persone assunte alle dipendenze di Berlusconi, io lo conoscevo e sapevo che era bravo nella conduzione degli animali, e lì c'erano cani e cavalli. Fu scelto per stare ad Arcore come stalliere e si comportò benissimo. Malato com'era sarebbe potuto uscire dal carcere se avesse detto solo una parola contro di me o Berlusconi. Invece non lo ha fatto. Per me è un eroe, a modo suo". Dell'Utri, invece, si definisce una vittima: "Non solo l'Antimafia, quanto piuttosto i procuratori di Palermo hanno usato molto e a sproposito lo strumento dell'aggressione politica. Io me ne sento in assoluto una vittima". A suo giudizio, l'accusa nei suoi confronti "non ci sarebbe stata se non ci fosse stata la grande affermazione di Forza Italia in Sicilia nel 1994".

Poi il senatore passa a discutere di destra e sinista, sostenendo che l'antifascismo è un concetto obsoleto: "C'è anche da dire che il concetto torna puntualmente in auge perché mancano nuovi argomenti seri di discussione, e si finisce con il rivangare sempre gli stessi". "Mussolini sbagliò, non c'è dubbio, ma quando era al potere lo Stato era più presente di quanto non lo sia adesso. Aveva dato al Paese, ed è stato l'unico, un senso di patria non c'era prima e non c'è stato dopo". Dai diari del Duce, sostiene Dell'Utri, «viene fuori l'immagine di un uomo di valore, dal punto di vista sia umano che culturale».

Le reazioni non si sono fatte attendere. Dell'Utri, commenta Antonio Di Pietro, "non ha mai sconfessato se stesso, vede nei mafiosi degli eroi, lo ha sempre detto, è la sua cultura. Gli italiani possono giudicare, ma Dell'Utri è quello per cui è stato condannato...". Quanto alla sua lettura del Ventennio, in molti lo accusano di revisionismo. Secondo Gentiloni, del coordinamento del Partito Democratico, "Dell'Utri insiste: per lui Mussolini è stato uno statista di valore e consiglia persino alla sinistra di guardare al suo modello per ritrovare contatto col popolo. Sono parole assurde e gravissime, in una sola intervista Dell'Utri è riuscito a definire l'antifascismo una parola obsoleta e non com'è un valore fondativo della Repubblica italiana, a dare un giudizio su Mussolini che cancella le colpe di chi ha sottratto al nostro paese la libertà e lo ha gettato in un conflitto sanguinoso, macchiandosi anche dell'infamia del razzismo, dell'antisemitismo e della shoah".

Torna l'Ammazzasentenze

Corrado Carnevale, il giudice di Cassazione che fece assolvere molti mafiosi e definì un cretino il giudice antimafia Falcone, torna a far parlare di sè. Ora, a 77 anni, è stato reintegrato e potrebbe diventare presidente degli ermellini grazie all'emenda

di Daniele Passanante

Di Giovanni Falcone il giudice Corrado Carnevale, dopo l'attentato sanguinoso del 23 maggio 1992, disse che era "un cretino, indegno di essere rispettato anche da morto". Ora questo giudice, che passerà alla Storia per avere cancellato numerose sentenze di condanna di presunti mafiosi, forse diventerà presidente della Corte di Cassazione. Già, perché anche se a tutt'oggi non è possibile, un emendamento potrebbe garantirgli la poltrona o almeno il concorso alla presidenza. Corrado Carnevale è stato imputato per mafia nel 1993 e sospeso dal servizio ed è per questo che la legge al momento non gli consente di ricoprire incarichi di vertice. Fu anche condannato nel 2001 per concorso esterno in associazione mafiosa a 6 anni di carcere e infine assolto nel 2002 con formula piena dai colleghi giudici della stessa Cassazione per cui lavorava. Evidentemente Carnevale non si è stancato di favorire la mafia cancellando le sentenze di condanna per presunti "vizi di forma" nei processi. Ora il giudice "ammazza sentenze", 77 anni, potrebbe non solo restare in carica fino all'età di 83 anni, ma anche diventarne il primo Presidente. I colleghi giudici di Carnevale che non sono mai stati sospesi dal servizio e condannati per mafia devono invece andare in pensione a 75 anni.

Dal 2004, grazie al centrodestra è in vigore una riforma grazie alla quale fu previsto il reintegro per i pubblici dipendenti sospesi dal servizio a seguito di un procedimento penale concluso con l'assoluzione. In questo modo Carnevale ora può ritardare il suo pensionamento e recuperare gli anni persi con la sospensione. La stessa norma esclude però che possa ricoprire incarichi di vertice. Ma ecco che viene in suo aiuto un senatore della Pdl, Luigi Compagna, che ha promosso un emendamento per eliminare questa preclusione all'accesso alle più alte cariche per chi in passato sia stato imputato per reati di mafia.

Carnevale potrebbe così trovarsi la strada spianata per l'accesso ai vertici della Corte di Cassazione e continuare a fare il giudice fino a 83 anni. Il senatore Luigi Compagna si difende da chi lo accusa di avere fatto una legge ad personam: «Mi sembra un po' incredibile di essere accusato di provvedimento ad personam mentre invece viene ritenuto un intervento erga omnes».

Senatore Luigi Compagna, ci dice cosa ne pensa dell'operato del giudice Carnevale?
Ma secondo lei c'entra con la vicenda? Penso che abbia pieno diritto all'esercizio dei suoi diritti costituzionali. Come magistrato molti l'hanno giudicato in vario modo. Penso che sia stato un buon magistrato. Questo è il mio giudizio storico politico. Per un magistrato di cassazione essere accusato di eccesso di formalismo a mio giudizio non è un'accusa.

Di Falcone Carnevale disse, dopo l'attentato, che "era un cretino, indegno di essere rispettato anche da morto".
Mi perdoni, io non condivido questo giudizio di Carnevale, ma non mi piace sovrapporre questa domanda alla prima domanda. Lei mi ha fatto una domanda sull'emendamento di una mia legge in cui io non nomino Carnevale ma tendo a ristabilire dei diritti garantiti.

Diritti garantiti per Carnevale, ma non per altri giudici mai condannati per mafia e mai sospesi dal servizio che dovranno andare in pensione a 75 anni.
Lei sbaglia ed è scorretto. È un esempio sbagliato perché nella mia legge si ripristina un testo di legge che valeva per tutti gli statali. Che diritto ha in questo caso il provvedimento delegato di stabilire una disciplina particolare per i giudici diversa da quella dei bidelli? E in ogni caso il mio emendamento verrà giudicato dall'altro ramo del parlamento.

martedì 4 novembre 2008

Calendarista alle pari opportunità

La famiglia Guzzanti contro la Carfagna: al contenzioso aperto tra il ministro e Sabina, querelata con la richiesta di un milione di euro di risarcimento danni, si aggiunge l'affondo del padre dell'attrice comica, Paolo: «Basta con la mignottocrazia»

Prima l'entusiasmo, poi il vomito e la nausea (per le lodi di Berlusconi a Putin): tra

Paolo Guzzanti e il premier è finito l'idillio. Indignato dalla carriera fulminea della Carfagna, che senza arte né parte è entrata in politica ed è subito

diventata ministro prima e portavoce del governo poi, il presidente della commissione

Mitrokhin chiede a muso duro quali siano le ragioni di questo "miracolo": «Basta con la mignottocrazia, ci spieghi quali sono i meriti del ministro» ha scritto Paolo Guzzanti sul suo blog, già ieri difficilmente raggiungibile e ora del tutto irrintracciabile (troppi contatti? Un ripensamento? Problemi tecnici? Non si sa).

Nel post incriminato, Guzzanti definisce il giovane ministro una «calendarista alle pari opportunità», del tutto «inadatta» al ruolo che ricop

re e aggiunge: «I

l punto, lasciamo perdere la Carfagna, facciamo finta che non esista - scrive ancora Guzzanti - è: è ammissibile o non ammissibile, in una democrazia ipotetica, che il capo di un governo nomini ministro persone che hanno il solo e unico merito di averlo servito, emozionato, soddisfatto personalmente? Potrebbe essere il suo giardiniere che ha ben potato le sue rose, l'autista che lo ha ben guidato in un viaggio, la meretrice che ha ben succhiato il suo uccello, ma anche il padre spirituale che abbia ben salvato la sua anima, il ciabattino che abbia ben risuolato le sue scarpe. E' lecito o non è lecito che si faccia ministro in uno Stato immaginario e anzi in un Pianeta di un'altra costellazione, una persona che ha come suo merito specifico ben soddisfatto il capo del governo?».

Accuse pesanti. Che fanno riferimento, com'è ovvio, al faldone delle intercettazioni mai pubblicate oggetto di un passaparola, nella capitale, che produc

e sfoghi di questa natura, mentre il "popolino" rimane all'oscuro: «Secondo quanto dicono alcuni testimoni che considero credibili, attendibili e tutt'altro che interessati - scrive Guzzanti nei commenti al suo blog - esistono proporzionati motivi per temere che la signorina in questione occupi il posto per motivi che esulano dalla valutazione delle sue capacità di servitore dello Stato, sia pure apprendista. La sua intelligenza politica è nulla».

A un altro lettore che chiede quante siano nel governo le nomine di scambio, Guzzanti risponde: «Per quel che ne so, dai testi oculari, più di una. Per questo lo scandalo sarebbe devastante, costituzionalmente e istituzionalmente devastante. Più di scambio, tratterebbesi di compenso. Come scrisse Cossiga: "ai miei tempi si offriva un filo di perle o un appartamento"». La signorina in questione, in ogni caso, ha ovviamente annunciato una «querela penale per diffamazione nei confronti dell'onorevole Paolo Guzzanti per quanto di falso da lui sostenuto nel suo blog e ripreso dal sito di Repubblica». Già la Carfagna ha chiesto un milione di euro di danni a Sabina Guzzanti, per il famoso intervento alla manifestazione dell'Idv. Ora è possibile che il ministro nonché portavoce del governo mediti di mettere in cambusa un'altra milionata. (Libero News)

sabato 1 novembre 2008

La raccomandata che uccide

Da qualche anno è un fiorire di raccomandate. Una volta si correva in posta per ritirarle. Erano una preoccupazione. Adesso non ci si fa più caso. Sono solo una rottura di balle. La svolta è avvenuta con il passaggio dei servizi pubblici ai privati e dei pagamenti alle società di riscossione. Se uccidi i genitori ne puoi ereditare il patrimonio. Se non paghi una gabella ti sequestrano l'auto, la casa e i dischi di Little Tony.
Andrea mi scrive da Ciampino e allega una raccomandata che gli ha inviato la municipalizzata ASP CIAMPINO. Costo della raccomandata tre euro e cinquanta. Pagamento dovuto 0,02 centesimi.

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Indovinate chi paga il costo delle raccomandate, il tempo speso per la compliazione della lettera, la protocollazione, la registrazione, l'invio? Lo sapete già: tutti i clienti delle municipalizzate o di qualunque altro ente pubblico che invi lettere minatorie.
Chi paga le tasse in Italia è super controllato. Se smettesse di pagarle anche lui, infatti, il sistema crollerebbe. Le verifiche sono così severe e puntigliose che trovano dettagli ignorati da qualunque commercialista. Non è raro che chi crede di aver pagato TUTTE le tasse riceva una raccomandata dell'Agenzia delle Entrate e terrorizzato la apra. Piano piano, come quando si guardano le carte da poker. Tutta una vita gli passa davanti. Non sarà il rogito della nonna di 25 anni prima o la fattura pagata in ritardo di un mese all'elettricista che lo ha rovinato per sempre? Quando legge l'importo di 18,50 euro da pagare sulla dichiarazione di tre anni prima per una serie di motivi che non comprenderà mai ( potrebbe aiutarlo il suo commercialista per un onorario di 250 euro, ma non è economico) si precipita a pagare. Meno di venti euro... Si sente come se avesse vinto il Supernalotto.
Il giorno seguente gli arriva un'altra raccomandata contenente atti giudiziari. Non è in casa. Si reca in posta dal lavoro che è già sudato. Il vicino gli ha fatto causa? L'azienda lo ha licenziato? L'ex moglie lo cita in tribunale? Nulla di tutto questo, è un parcheggio in sosta vietata, se non lo paghera ENTRO E NON OLTRE gli sequestreranno l'auto. Ma quel giorno non ha usato l'auto, non era in quella via, in quella città. La sanzione è di 52,50. Meglio pagare che ricorrere.
Se cambiate residenza non lasciate tracce. Non fate sapere a nessuno dove vi rifugiate.

Emergenza Congo

Il mondo si è fermato in Congo. Un Paese dove è nata una nuova parola: reviolé, ri-stuprata.
Il più grande stupro di massa della Storia è in atto in Africa tra una notizia da Wall Street e un ribasso del Nikkei da Tokio. La signora Muhindo del "Centro di assistenza Olame" in Congo ha detto: "E' una vergogna non solo per il Congo, ma per tutta l'umanità".
In Congo lo stupro è un'arma di guerra dal 1996, quando morirono cinque milioni di persone. Da allora è endemico. Usato da tutte le parti in conflitto.
L'Occidente, come le stelle, resta a guardare. Una delle più importanti basi ONU si trova in Congo. Ha 17.000 soldati. Il loro mandato ufficiale è l'utilizzo di ogni mezzo per proteggere i civili. Ma non muovono un dito.
Il governo centrale e i numerosi gruppi armati dell'est del Paese sono in conflitto permanente e decine di migliaia di donne, di qualunque età, sono sia le prede che le armi con cui si combatte.
Molte di loro, sopravvissute ai conflitti precedenti, sono riviolentate, reviolè.
La legge in Congo non prevede il reato di stupro. Essere stuprate con un fucile o sparate nella vagina non è contemplato dal codice penale. Vénantie Bisimua, fondatrice del "Network of Women for the Defence of Rights and Peace" in Congo spiega che il governo ha altre priorità. Le stesse degli Stati stranieri che attingono a piene mani dalle risorse minerarie del Congo e che non fanno nulla.
Si combatte in Afghanistan e in Iraq per il petrolio. Si assiste ai massacri del Congo per non disturbare le multinazionali delle materie prime.
Chi volesse aiutare le donne congolesi può mettersi in contatto con il "Social Aid For the Elimination of Rape (SAFER)" dell'Università di Toronto.

Leggi l'articolo sulle reviolé in Congo da The Globeandmail.

TFR addio

Chi ha tenuto il suo TFR in azienda ha avuto un rendimento del 3,5%. Chi, seguendo il consiglio dei sindacati, dei partiti e dei promotori finanziari, lo ha investito nei fondi pensione ha perso circa il 20%. Ed è solo l'inizio. Con la Borsa in picchiata, per i futuri pensionati la liquidazione servirà per il cappuccino e il becchime per i piccioni. Sindacati, Confindustria, Partiti e Banche si sono inghiottiti un altro tesoretto. Non rimane più quasi nulla da spolpare al cittadino. Possono solo taglare i servizi, la Scuola, la Polizia, la Sanità fino all'epilogo delle pentole argentine.

"Se lavori nel settore privato ed entro fine giugno non dici nulla, il tuo TFR finirà nel risparmio gestito. Un’avventura da far tremare i polsi. Da vent’anni i fondi comuni fanno perdere soldi. E i fondi pensione sono pronti a ripetere gli stessi disastri. Il silenzio assenso è una trappola. Cambiano le carte in tavola senza chiedere nulla. E’ il gioco delle tre tavolette con i soldi di una vita. Non è vero che costruiscono una pensione integrativa: danno il TFR in pasto all’industria del risparmio gestito." Beppe Grillo, 6 giugno 2007.

Leggete la lettera di Beppe Scienza, matematico, studioso del risparmio e della previdenza integrativa.

Tre milioni di italiani in carcere, di Beppe Scienza
"Per gli italiani la previdenza integrativa è come una prigione. Sindacati ed economisti di regime (Marcello Messori, Giuliano Cassola, Elsa Fornero ecc.) gli hanno tirato un brutto scherzo coi fondi pensione. Circa tre milioni di lavoratori hanno rinunciato al loro TFR e ora sono ingabbiati per sempre. Per giunta presi in giro da chi voleva arricchirsi alle loro spalle, come la società di gestione Anima che aveva l’impudenza di affermare: “L’investimento in un fondo pensione è una scelta intelligente”. Si è visto che razza di scelta è stata: dall’estate del 2007 una batosta dopo l’altra.
La trappola è scattata a giugno dell’anno scorso. Da allora è andata prima male e poi malissimo nel 2008. Ne sanno qualcosa i lavoratori chimici (fondo Fonchim) che a fine settembre perdevano il 14,8% da inizio anno, i metalmeccanici (fondo Cometa) con un risultato negativo del 10% o i ferrovieri (fondo Eurofer) con un deficit del 17%. Questi sono i minus delle linee azionarie, ma anche le altre hanno fatto peggio del TFR.
Però la cosa più grave è la mancanza di libertà. Chi ha aderito a un fondo pensione, soprattutto per le insistenze dei sindacati, è come condannato a vita. Finché lavora, il suo TFR continuerà a finire lì, volente o nolente. Ma anche andando in pensione otterrà soltanto la semilibertà. Metà di quanto si sarà salvato (il cosiddetto montante), non potrà ritirarlo perché verrà convertito in una rendita, a condizioni decise da altri.
Purtroppo non può neanche sperare nella grazia del Capo dello Stato. Per la previdenza integrativa non è prevista. In compenso ogni due anni può cambiare cella. Cioè può passare per esempio da una linea azionaria e a una garantita, restando nello stesso fondo. Peccato che tali garanzie sia solo propaganda, con linee “garantite” in negativo del 3% da inizio 2008 (fondo Fonchim)! Volendo può anche cambiare prigione. Cioè non solo la linea di gestione, ma anche il fondo. Non può però riacquistare la libertà: l’ergastolo è l’ergastolo!
È rimasto in libertà solo chi si è tenuto il TFR. Tranquillo e sicuro, lo vede crescere giorno dopo giorno (circa +3,5% da inizio 2008). Se cambia lavoro o va in pensione lo riceve tutto subito; ed è libero di farne cosa vuole.
Quindi ha fatto bene chi ha ascoltato i consigli di Beppe Grillo, i miei o anche di Famiglia Cristiana.
Per altro la faccia tosta dei sindacati non ha limiti. Non contenti delle figuracce collezionate col fondo per la scuola (Espero), pochi giorni fa Cgil, Cisl, Uil ecc. si sono incontrati per farne partire due per coprire tutto il settore pubblico (Sirio e Perseo). Sembra una barzelletta." Beppe Scienza

Intervista a Cossiga



"Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno. In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perchè pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito... Lasciarli fare (gli universitari, ndr). Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì... questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio".
Intervista a Francesco Cossiga. Presidente emerito della Repubblica Italiana e senatore a vita.

UK, tutto il Guardian via RSS

Tutto, ma proprio (quasi) tutto il quotidiano The Guardian via feed reader. Con un annuncio pubblicato sulle pagine del proprio sito web, il quotidiano britannico ha reso noto quale sarà il suo prossimo passo verso l'integrazione della propria attività tradizionale cartacea con il world wide web: le notizie pubblicate sul sito verranno replicate integralmente anche sui feed RSS.

L'homepage di The GuardianUn feed RSS (acronimo di Really Simple Syndication) altro non è che un file XML con formato standard utilizzato per creare un flusso di notizie in perenne aggiornamento, che può essere consultato tramite appositi software o surrogati in the cloud altrettanto validi. Non si tratta dell'unico sistema progettato allo scopo, ma è senz'altro il più popolare e il più utilizzato. Grazie ai feed RSS, il netizen può tenersi aggiornato con le news provenienti da decine o centinaia di siti senza neppure doversi collegare alle rispettive homepage: basta aggiornare il suo client di aggregazione per tenere tutto sotto controllo.

Fino ad oggi, tuttavia, la maggioranza dei grandi editori presenti in rete ha sempre preferito evitare di riproporre per intero il contenuto dei propri articoli via feed. Il modello di business attuale delle testate tradizionali si basa sulla raccolta pubblicitaria, dunque sul numero di volte in cui un annuncio pubblicitario viene mostrato sulle pagine di un sito web. In alcuni casi sono il numero di clic su un banner a farlo fruttare, ma in ogni caso resta fondamentale che il lettore apra una pagina del proprio browser per navigare affinché il business resti sostenibile.
Il Guardian sembra aver scelto invece un'altra strada. Forse confidando nel trend di crescita di questo tipo di tecnologia, ora inizierà a mostrare l'intero contenuto degli articoli all'interno dei propri feed RSS. Con un paio di eccezioni: il materiale RSS non comprenderà foto e immagini né eventuali articoli delle agenzie di stampa. Per questi ultimi, spiegano al Guardian, sussiste qualche dubbio sul copyright che suggerisce di proseguire con la pubblicazione di un estratto.

In questo modo, sottolinea Mashable, il Guardian ottiene un duplice vantaggio: il primo è senz'altro quello di aver ottenuto la palma di quotidiano cartaceo più amico del web (almeno fino al prossimo annuncio della concorrenza), con tutto quello che ne consegue in termini di pubblicità positiva diretta e indiretta che questa scelta porterà in dote. Il secondo, più sottile, è la possibilità di approfittare della diffusione virale delle proprie notizie all'intero dei circuiti formati, ad esempio, dagli utenti del Reader di Google.

Questi ultimi da qualche tempo possono decidere di condividere con la propria cerchia di amici e conoscenti le notizie più interessanti che scovano via feed. Basta un click e l'utente è in grado di generare una sorta di raccolta personale all'interno della quale racchiudere i link ritenuti più interessanti: poiché nelle news integre del Guardian ci finiranno anche i banner che il quotidiano ha deciso di includere, il numero di volte in cui questi annunci verranno mostrati al pubblico potrebbe aumentare esponenzialmente.

Difficile pensare che per questi banner il Guardian possa ideare un meccanismo di vendita basato su impression o clic. Probabilmente il quotidiano britannico adotterà un modello di business differente per questo tipo di annunci: è troppo presto per dire se sarà redditizio come la pubblicità contestuale che fino ad oggi ha regnato sovrana in Rete, ma è certo che si tratti di una possibilità interessante che il newspaper di Manchester ha deciso di esplorare prima degli altri.

Italia, in arrivo nuove forme di censura

Impedire che gli italiani accedano a siti sui quali potrebbero spendere i propri denari senza che vi sia un controllo delle autorità nazionali: c'è questo dietro provvedimenti che sempre più spesso ostacolano la navigazione degli utenti nostrani. Ora, segnalazioni che giungono da più parti, indicano che il nuovo fronte della censura italiana si sia allargato ulteriormente, alla volta delle sigarette vendute su web.

Sigarette in venditaSiti come K2Smokes o RebelSmokes sembrano destinati a non essere più raggiungibili dall'Italia: ai provider nostrani viene inoltrato in queste ore un provvedimento di sequestro preventivo che li obbliga ad integrare quei due siti nelle liste nere nazionali, quelle che finora hanno preso di mira i siti che diffondono contenuti pedopornografici e che si sono poi via via arricchite con siti di altra natura, come quelli legati al gioco d'azzardo e, in qualche caso, alla condivisione di contenuti.

Il provvedimento in questione è legato ad una decisione del Tribunale di Milano che sembra intenzionato a colpire il traffico web di sigarette che, come noto, è ampiamente regolato in Italia: la possibilità che un utente italiano non si limiti a sfogliare le pagine di distributori online ma decida di acquistare potrebbe configurare una violazione da parte del sito delle rigide leggi italiane protezionistiche che ruotano attorno alla distribuzione delle bionde. Da qui alla scelta di impedire tout-court anche il semplice accesso al sito il passo è breve.
Difficile dire se questi provvedimenti rimarranno isolati, di certo però gli utenti italiani hanno molte occasioni per effettuare acquisti al di fuori dei canali distributivi tradizionalmente controllati sul territorio italiano, naturalmente non solo per quanto riguarda le sigarette. Ne consegue che è lecito attendersi un progressivo ampliamento della rete inaccessibile ai mouse italioti: se da anni si lavora per bloccare l'accesso a siti che promuovono il terrorismo o l'odio, se si prendono di mira con provvedimenti di blocco quegli spazi web che lucrano sulle violenze contro i più piccoli, nel tempo acquisisce consistenza il ricorso alla censura per motivi assai più futili, come le questioni commerciali. Una deriva già ampiamente prevista dagli esperti: ne parlava ad esempio il mese scorso Marco d'Itri, figura storica della rete italiana, qualche mese fa intervistato da Punto Informatico proprio su questi temi. "Ricordo il caso del sequestro del videogioco Operazione: pretofilia - scriveva d'Itri - se si può ordinare a tutti i provider italiani di filtrare un sito straniero perché viene usato per facilitare delle violazioni di copyright allora sarà ancora più facile farlo per qualcosa che tocca la religione. A chi toccherà dopo?" "Cosa impedirà ai PM di tutta Italia, una volta visto che la cosa "funziona" - si chiedeva ancora d'Itri - di iniziare ad emettere ordinanze per ogni caso di diffamazione, vilipendio, violazione della privacy, eccetera?"

A quanto sembra, però, l'Italia non si limiterà più ad oscurare i siti: in un emendamento approvato dal Governo la censura dei siti del gioco d'azzardo, il coinvolgimento dei Monopoli di Stato e la pratica del dirottamento del traffico assumono forme del tutto inedite, che comprendono anche formule di analisi del traffico e nuovi obblighi per gli utenti.

In particolare, il Governo intende introdurre l'obbligo dell'utente di passare per il portale AAMS per accedere ai siti del gambling, un passaggio che potrà avvenire anche con un reindirizzamento automatico qualora l'utente italiano tenti di accedere al sito che ha scelto, senza passare prima per aams.it. In altre parole, il traffico degli utenti verso i siti legittimi del gambling, ossia quelli riconosciuti dalla stessa AAMS, sarà intercettato e modificato. Ciò significa che i provider non solo dovranno continuare a bloccare, o tentare di bloccare, i siti delle scommesse, ma saranno anche tenuti a far sì che il traffico dei propri utenti sia dirottato in automatico qualora punti verso certe URL.

Il motivo di una simile intrusione nella connessione degli italiani, che non ha precedenti in Occidente, è dovuta alla volontà del Governo di far sì che AAMS possa verificare il traffico verso quei siti, mezzo ritenuto necessario evidentemente per "tarare" gli impegni economici di questi ultimi con l'Italia, impegni legati all'acquisizione della licenze per essere ammessi nella "lista bianca" di AAMS, ossia per far sì che il proprio sito di scommesse sia facilmente accessibile agli italiani.

La nuova idea, che potrebbe trovare conferma nella prossima finanziaria, porta dunque il livello di intervento alla fase 2. Se la procedura venisse considerata davvero legittima e fornisse risultati considerati utili, nulla può escludere che in futuro si adotti questo precedente come modello per plasmare la navigazione e che un domani chiunque si volesse recare su siti sgraditi per i motivi più diversi si trovi il traffico dirottato verso server governativi o paragovernativi, computer pensati per farvi passare il traffico dell'utente e misurarlo, che questo lo desideri o meno.