domenica 26 aprile 2009

Truffe on-line: istruzioni per l'uso

Ecco una panoramica di come funziona il crimine informatico:

La visione che Fortinet ha del crimine informatico in generale e del phishing in particolare è quella elaborata da Guillaume Lovet, guru della sicurezza nonché Emea Threat Response Team Leader di Fortinet, e illustrata a più riprese in sede di Virus Bulletin Conference. Secondo Lovet, il cyber crime è cresciuto parallelamente all'aumento delle transazioni con le carte di credito sul web e al proliferare dei conti correnti bancari online. Il gioco è semplice: una volta che si è entrati in possesso delle informazioni finanziarie relative a un conto e a una carta di credito, non solo si può rubare senza essere scoperti, ma, attraverso un processo automatizzato guidato da virus, continuare a rubare per un numero infinito di volte. Sul "mercato" esistono molti metodi per ottenere i dati delle carte di credito e dei conti correnti: ogni metodo comporta un mix di rischi, spese e capacità. Come dire, a ogni cybercriminale il suo. Chi vuole tagliare la testa al toro acquista il "prodotto finito".

Prendiamo l'esempio di un conto corrente online. Il prodotto, rappresentato dalle informazioni necessarie per ottenere un controllo "autorizzato" sul conto, costa 400 dollari, una cifra bassa per il poco lavoro necessario e il rischio limitatissimo che si corre. Transazioni, afferma Lovet, che avvengono in chatroom (Internet Relay Chat) nascoste, in cui i 400 dollari diventano denaro virtuale, visto che il denaro virtuale non è regolato da alcuna legislazione, è registrato in paesi offshore, può essere creato online e trasferito a conti di denaro reale in modo anonimo. Il lavoro viene svolto da 4 tipologie di persone, secondo una rigida divisione del lavoro. I "coder", veterani hacker che producono tool pronti all'uso come trojans, mailer e bot, o servizi come la creazione di un codice binario non rintracciabile dai motori Av, che saranno poi utilizzati dalla forza lavoro del crimine. Che sono i "kids", così chiamati per via dell'età, spesso al di sotto dei 18 anni. I kids acquistano, commerciano e rivendono gli elementi di base del crimine informatico, come mailing list di spam, php mailer, proxie, numeri di carte di credito host di hacker, pagine scam,...I "drop", in genere basati in paesi in cui le leggi anti-cybercrime sono quasi del tutto inesistenti (Bolivia, Indonesia e Malesia, per esempio), trasformano in denaro reale il denaro virtuale. Infine, i "mob", vere e proprie figure professionali del crimine organizzato, operano con tutte o alcune delle figure sopra descritte. Per avere il controllo di un conto bancario sempre più spesso si usano tecniche di phishing. I tool di phishing si acquistano facilmente e con pochi soldi: una lettera di scam o una pagina di scam in un linguaggio a scelta, una lista di spam, una selezione di mailer php per inviare 100mila mail in sei ore, un sito web per ospitare per alcuni giorni la pagina di scam, e infine una carta di credito rubata ma valida con cui registrare un dominio.

Un elenco che costa poco meno di cento dollari, a fronte di ritorni che possono essere anche del 300% e molto di più. Ritorni ancora più grandi si possono ottenere utilizzando i "drop" per convertire il denaro in contante. I rischi sono però alti: i drop richiedono commissioni fino al 50% del valore del conto, lasciano tracce "fisiche", e qualche volta derubano il phisher. Tuttavia, secondo i calcoli di Lovet, il phisher che paga commissioni e subisce furti ha comunque un ritorno che oscilla tra le 40 e le 400 volte l'investimento iniziale. Nelle operazioni su larga scala, proprie di grandi organizzazioni del crimine organizzato, sono utilizzati conti offshore; un processo più complicato e costoso, ma anche più sicuro. Se il phishing si aggiunge alle altre attività cyber criminali basate sull'hacking e sulle tecnologie virus, si trova un ricco ecosistema di microaziende e organizzazioni internazionali che lavorano insieme in maniera produttiva, ricavando profitti notevoli.

Proteggere le reti con firewall stand alone, apparecchiature di intrusion prevention, anti virus e anti spyware non basta. Secondo Lovet, è necessaria una seria legislazione internazionale e un coordinamento capace di superare i confini dei singoli stati. Ma è anche necessario elaborare una risposta creativa da parte delle organizzazioni sotto tiro. Le soluzioni di sicurezza reattiva "pezzo a pezzo" stanno lasciando spazio a sistemi di sicurezza multi-threat unificati. Invece di installare, gestire e mantenere differenti dispositivi, le organizzazioni, dice Lovet, possono consolidare le loro funzionalità di sicurezza in un unico apparecchio. Queste misure combinate, unite a una maggior consapevolezza degli utenti, sono al momento la contromisura più efficace contro il cybercrime.

Fotovoltaico, pannelli invenduti e guerra dei prezzi

Per chi sceglie il fotovoltaico, i prezzi dei materiali sono in ribasso:


Solo ottanta giorni fa sembrava ancora in crescita esponenziale. I consuntivi del 2008, per l'industria fotovoltaica, si erano appena chiusi a oltre 20 miliardi di dollari, cinque volte quelli del 2005. «Eppure, da allora, è cambiato tutto – spiega Paula Mints, analista della Navigant Consulting, azienda di ricerca sul fotovoltaico globale – oggi l'industria vive un clima completamente diverso, di sovraccapacità produttiva, di moduli e pannelli invenduti e accumulati nei magazzini, e di vera e propria guerra dei prezzi». E' lo scenario presentato durante l'ultima conferenza dell'Epia (European Photovoltaics Industry Association) a Francoforte, centrata sull'impatto della crisi sull'industria fotovoltaica.


Che cosa è successo in questi ottanta giorni? Primo, è improvvisamente finito il boom fotovoltaico spagnolo. L'anno scorso il governo di Madrid ha generosamente incentivato, con danari pubblici, la bellezza di oltre 2 gigawatt di campi solari, per ben il 42% di tutto ciò che di fotovoltaico si è istallato nel mondo nel 2008. E massima parte di questi moduli provenivano dall'Asia e dalla Cina (che ormai fanno il 40% della produzione). Poi, a fine 2008 (anche a causa dello scoppio della sua bolla immobiliare e finanziaria) il governo Zapatero ha drasticamente deciso un tetto di un quarto agli ammontari incentivabili. Risultato: un pari taglio secco nelle istallazioni e decine di migliaia di posti di lavoro in libertà. E proprio nel momento in cui numerose nuove fabbriche solari entravano a regime, finanziate dal boom degli anni precedenti. «Con una capacità produttiva quasi raddoppiata - spiega Kai Malkwitz di PvXchange, il maggior portale online sul settore – da 5 gigawatt nel 2008 a circa nove stimati quest'anno».
«Aggiungiamo al menu la crisi finanziaria globale – continua Mints – il crollo dei corsi immobiliari, la caduta dei consumi delle famiglie e il credito congelato. I fondi oggi sono più scarsi per tutti i partecipanti al mercato, siano essi piccoli investimenti immobiliari su tetti solari quanto grandi campi fotovoltaici. Senza contare i flussi di capitale alle start-up».
Risultato: all'inizio del 2009 Navigant stimava circa 1,4 gigawatt di celle, moduli e pannelli accumulati e invenduti nei magazzini, lungo tutta la filiera, dai maggiori produttori fino agli istallatori. «E ciascuno di essi è in concorrenza con tutti gli altri. Di qui la forte spinta al ribasso dei prezzi». Che, tra i produttori asiatici, supera il 20%. Mentre, tra i produttori tedeschi (attestati su un mercato più stabile) per ora non scende oltre il 10%. Ma le punte dei ribassi spesso arrivano al 50%.

Bolla fotovoltaica quindi? È ancora presto per dirlo. Di sicuro i primi effetti del grande programma di stimolo sulle rinnovabili deciso dall'amministrazione Obama non si faranno sentire prima dell'estate, con l'avvio dei primi finanziamenti da parte del Doe (Dipartimento dell'Energia Usa), orientati però più al sostegno della Ricerca e Sviluppo che alla ripresa del mercato. «Che si muoverà davvero - dice Mints - soltanto quando la crisi di fiducia e di credito verrà superata».

Intanto, della guerra dei prezzi dovrebbero in parte avvantaggiarsi i mercati europei. Oltre alla Germania che, secondo Eupd Research, anche nel 2009 dovrebbe continuare a crescere al 6% (fino a quasi 1,8 gigawatt) entreranno in scena la Francia (+43% a 540 magawatt) e l'Italia (+8% a 450 megawatt) mentre la Spagna resterà praticamente ferma. Previsione conservativa, quella di Eupd Research sull'Italia. «Un mercato che negli anni scorsi si è mosso soprattutto sui tetti fotovoltaici delle imprese - spiega Markus Wackerbeck, analista capo – mentre il residenziale non è decollato e i grandi campi fotovoltaici trovano oggi forti difficoltà sia nelle autorizzazioni amministrative che nei finanziamenti».

Esito finale: almeno nel 2009 l'Italia non conoscerà quantomeno il boom drogato spagnolo, che l'anno scorso di fatto ha imposto al governo il blocco degli incentivi. Però, anche, un'opportunità persa: con i prezzi in rapida caduta la possibilità di accelerare sul fotovoltaico (ancora più conveniente, oggi in Italia, nel rapporto tra costi e rendimenti ventennali da tariffa incentivata) limitando il valore importato e anche con un effetto di rafforzamento delle imprese che producono in Italia i moduli, i sistemi, installano e certificano gli impianti.
Durerà non più due - tre anni questa crisi fotovoltaica da sovrapproduzione relativa e da discesa dei prezzi - prevedono gli analisti. Nel frattempo vi sarà una sicura selezione tra le imprese (a favore dei maggior nomi, come Q-Cells, Suntech, Sharp, First Solar e Kyocera) ma poi il mercato ripartirà. «E l'Italia, prevede Winfried Hoffman, presidente dell'Epia (l'associazione fotovoltaica europea) all'appuntamento tra due anni si presenterà probabilmente in condizioni di «grid parity», quindi con la possibilità di ridurre nettamente le tariffe incentivate. Magari destinando i fondi pubblici verso interventi strutturali sulla rete elettrica (compresi cruciali sistemi di storage) in grado di sfruttare pienamente l'energia solare fotovoltaica divenuta adulta».

Coca Padana

La segretaria del gruppo parlamentare della Lega Nord è stata arrestata a Lugano. Aveva otto chili di cocaina nella valigia dentro vaschette avvolte in carta stagnola. Un quantitativo pari a 200.000 dosi.Il commissario ticinese Armando Scano non ha creduto alla modica quantità anche se la coca sequestrata è appena sufficiente per un mese di ronde padane.

I Testimoni di Geova e il terremoto in Abruzzo

La religione può salvare la vita di una persona o farla entrare (in anticipo) nel regno dei cieli. In Abruzzo i Testimoni di Geova si sono salvati, i cattolici hanno raggiunto il Paradiso. I geoviani, prima del terremoto, hanno avvertito i membri della loro comunità del pericolo. Raccomandato di dormire in macchina e di tenere con sé delle valigie con il necessario. Sono tutti sopravvissuti.
Vescovi, arcipreti e parroci non erano al corrente di nulla? Non hanno sentito la necessità di denunciare il pericolo? Forse si, forse no. Le campane delle chiese sono rimaste mute. La voce della Chiesa non ha prodotto la più piccola eco prima del sisma. Se Bertolaso fosse stato un Testimone di Geova gli abruzzesi non avrebbero pianto centinaia di morti. Per Radio Maria il terremoto è stato voluto dal Signore perché anche gli abruzzesi partecipassero alla sofferenza della sua Passione...
"Gentile Signor Beppe Grillo,
chi le scrive lo fa da una parte dell'Abruzzo che, grazie a Dio non ha subito danni, (paura a parte) visto che vive sulla costa.
Non posso darle torto quando sottolinea il fatto che, visto che da mesi l'Aquila era soggetta a forti scosse, si poteva fare di più.
E le segnalo un fatto che lo conferma.
Ho molti parenti e conoscenti che sono appartenenti ai testimoni di Geova. Questa comunità è molto unita pronta a soccorrersi a vicenda e, in occasione del terremoto, le comunità vicine si sono subito mobilitate per soccorrere i confratelli che ne avevano bisogno.
Su richiesta di mio figlio, membro attivo di questa religione, e anche perché desiderosa di rendermi utile, ho reso disponibile la mia casa e mi sono preparata per ospitare una famiglia, (una coppia con due ragazzi) e mi sono preoccupata di quello che poteva servire con urgenza loro, immaginando non avessero più nulla.
Immagini la mia meraviglia nel vederli arrivare con i bagagli al seguito!
Così mi hanno spiegato che già settimane prima, in tutte le comunità de l'Aquila interessate da fenomeni sismici, alle loro riunioni settimanali, era stato suggerito loro come prepararsi ed essere pronti ad un eventuale cataclisma. Era stato trattato con cura l’argomento ed erano state date delle vere e proprio direttive pratiche: preparare valigie con l'occorrente per le prime necessità, non solo abiti ma anche coperte, scorte di viveri e bottiglie d'acqua. Tenere sempre le macchine pronte e cariche ma evitare di parcheggiarle nei garage ma parcheggiare al sicuro, in spazi aperti. Tenere sempre i telefonini a portata di mano.
Tutto questo tratto da un articolo del giornalino "Svegliatevi" che era stato stampato l'anno scorso e che trattava proprio di questo.
Infatti, dei più di 200 testimoni di Geova cittadini dell'Aquila nessuno è rimasto vittima del sisma. E so di sicuro che molti altri, parenti e vicini di casa devono almeno la vita a queste informazioni.
Tutto questo mi ha lasciato a bocca aperta!
Incredibilmente, seguendo pochi ed utili accorgimenti una piccola comunità religiosa ha salvato molte vite! Ma allora mi chiedo: cosa sarebbe successo se l'intera città avesse avuto le stesse pratiche informazioni?
Ora lascio a lei trarre le opportune conclusioni.
Un grosso GRAZIE dal profondo del cuore per le sue battaglie!" M. B.

Biblioteca universale gratuita patrocinata dall'UNESCO

Di Giovanni Arata

Una cartina dei cinque continenti incorniciata su sfondo blu e, dentro, le miniature di nove opere rare tra mappe, manoscritti, fotografie d'epoca. Sono queste le immagini che accolgono il visitatore di World Digital Library (WDL, http://www.wdl.org/en/), la biblioteca globale online appena inaugurata dall'UNESCO. Dentro il sito c'è molto di più: sono oltre 1200 le opere rare, provenienti da ogni epoca e luogo, disponibili per il navigatore in forma completamente accessibile e gratuita.

WDL

L'idea per WDL, inaugurata presso la sede parigina dell'UNESCO, è stata lanciata nel 2005 dal Direttore della Library of Congress statunitense James H. Billington. Ma negli anni successivi, spiega 01Net, hanno aderito al progetto una quantità di biblioteche nazionali e istituzioni culturali di ogni parte del mondo, ed oggi il sito conta su collaborazioni di ogni tipo e provenienza.
Il risultato è un fondo di oltre 1200 pezzi rari, appartenenti ad età e spazi geografici differenti. È allora possibile visualizzare opere antichissime come un manoscritto giapponese di poco precedente l'anno mille o navigare all'interno della prima mappa rinascimentale recante la dicitura "America".

Inoltre, osserva CrunchGear, i progettisti hanno associato a ciascun "pezzo" una scheda descrittiva, disponibile in sette lingue. E, per facilitare le ricerche, il motore accoglie indicizzazioni differenziate per area geografica, periodo storico, tipologia di documento, tema.

L'obiettivo dell'iniziativa, ha spiegato Billington nel corso della conferenza stampa di presentazione, è quello di "promuovere la comprensione e lo scambio tra paesi e culture differenti".

Dal brutale punto di vista dei numeri, la portata di WDL è ancora piuttosto circoscritta: difficile raffrontare i poco più di mille pezzi qui proposti con gli oltre sette milioni già digitalizzati da Google Book Search, od i cinque di Europeana. Allo stesso tempo, i responsabili sottolineano che quella varata nei giorni scorsi è solo la fase 1 di un progetto che potrebbe conoscere sviluppi molto più ampi. "WDL è un progetto aperto, e oggi non sappiamo quanto grande potrà diventare - ha detto ancora Billington - Fino ad oggi, il nostro obiettivo è stato quello di definire uno standard di qualità elevato, sul quale poter costruire. La quantità verrà successivamente".

WDL potrebbe altresì porre nuovi problemi anche in materia di copyright. Stando a quanto riportato nelle note legali del sito, infatti, l'impiego di ogni dato documento deve tenere conto delle normative in vigore nel paese di provenienza, ma anche di quelle internazionali e di quelle in vigore nel paese di destinazione. E considerando che alcuni pezzi sono vecchi di migliaia di anni, si tratterebbe senz'altro dell'applicazione delle normative sul copyright più estensive di sempre.

I deputati inglesi si allungano le ferie: Parlamento chiuso per 12 settimane

Fa piacere sapere che la classe politica europea è costituita uniformemente da cialtroni.

Saranno ben 82 i giorni di vacanza dei deputati del parlamento britannico quest'estate. L'Evening Standard fa sapere che per le vacanze estive i parlamentari britannici si sono autoregalati una settimana in più, arrivando così a staccare la spina dal 22 luglio per ben 12 settimane. Immediate le polemiche, da parte dell'opposizione, ma anche di esponenti laburisti, per la quale il programma di governo è talmente succinto che di fatto i parlamentari non hanno di cosa occuparsi.

I conservatori attaccano invece direttamente il premier Gordon Brown (la decisione sulle ferie viene presa dai leader parlamentari della maggioranza laburista), chiedendogli di intervenire per far cambiare questa decisione. «Nel mezzo di una delle peggiori recessioni che questo paese ha dovuto affrontare e con l'attuale calo di fiducia nei politici - ha detto all'Evening Standard il leader del partito liberal-democratico, Nick Clegg - la gente sarà quantomeno stupita di sapere che il parlamento non si riunirà per 82 giorni».

venerdì 17 aprile 2009

Lucio Stanca, uno stipendio "responsabile"

Lucio Stanca, è stato il responsabile del portale italia.it del costo di 45 milioni di euro. Il portale non decollò mai e fu chiuso per disperazione da Rutelli.
EXPO 2015 non poteva fare a meno di questo insigne personaggio. E' stato nominato amministratore delegato di EXPO 2015 spa. Compenso 450.000 euro l'anno. 300.000 fissi e 150.000 di bonus. E' stato ringraziato dalla Lega per "il suo senso di responsabilità". Stanca infatti si è accontentato. Prima aveva chiesto 750.000 euro.
Ma quando cominceremo a parlare di tetto per gli incarichi pubblici?
Ma quando interdiremo veramente le persone dai pubblici uffici a vita?
Mah...

Riso geneticamente modificato

La Bayer ha inventato un riso geneticamente modificato.
Invece di creare una pianta che possa resistere nei paesi sottosviluppati, hanno deciso di creare una pianta piu' produttiva per i paesi piu' industrializzati, ma sterile! In questo modo i contadino sono obbligati a comprare ogni anno i semi alla Bayer!
Il parlamento europeo deve decidere se permettere che questo riso possa essere utilizzato nei nostri paesi.
Greenpeace ha attivato una petizione contro questa creazione che non aiuta veramente l'agricultura, ma la "ricatta"; contro un prodotto di cui non si sanno gli effetti nel lungo periodo e che pare solo una bieca operazione commerciale per guadagnare sulla nostra salute.
Se volete firmare la petizione, al trovate al seguente indirizzo:
http://www.greenpeace.org/international/campaigns/genetic-engineering/hands-off-our-rice/hands-off-our-rice

Fumare fa male, in America la Philip Morris è costretta a pagare

La Philip Morris deve rassegnarsi: dovrà pagare la vedova di un fumatore che ha fatto causa. Lo ha stabilito la La Corte Suprema degli Stati Uniti, mettendo così fine a un braccio di ferro durato dieci anni tra la Philip Morris, appunto, e la donna, che accusava il colosso delle sigarette di non fornire informazioni sufficienti sui rischi da fumo. I giudici di Washington hanno respinto l'appello della multinazionale confermando una sentenza che condanna a pagare danni per 79,5 milioni di dollari (saliti a 145 con gli interessi).
La decisione della Corte è l'epilogo della vicenda che ha visto protagonista Mayola Williams, vedova di Jesse Williams, un custode di Portland (Oregon) che aveva cominciato a fumare negli anni '50, durante il militare, ed è morto nel 1997 per un tumore al polmone. La donna poco tempo dopo avviò l'azione legale contro Philip Morris, sostenendo che la società andava ritenuta responsabile per aver lasciato credere ai fumatori che i propri prodotti non creano dipendenza.
Lo stato dell'Oregon si è affiancato in questi anni alla vedova e riceverà il 60% del risarcimento - se la vicenda non avrà altri sviluppi giudiziari - destinandolo a un fondo per le vittime di crimini violenti. Un giudice aveva ritenuto Philip Morris colpevole e la Corte suprema dell'Oregon nel 2002 aveva respinto la richiesta di appello. La stessa decisione è arrivata adesso dai giudici di Washington, nei quali l'industria del tabacco confidava per una sentenza che mettesse un freno ai maxi-risarcimenti. Ma la Corte Suprema si è limitata a non accogliere la richiesta d'appello, senza motivazioni.

Pacchetto Telecom al voto, blocco dell'internet libero?

Gaia Bottà

Una rete in cui il cittadino è telespettatore, una rete soggetta alle istanze dei detentori dei diritti. Emendamenti e votazioni, dibattiti e aggiustamenti: il Pacchetto Telecom sta progressivamente assumendo una forma. Quelli che ora sembrano punti fermi, osservano in molti, potrebbero irreggimentare la rete, trasformarla in un servizio controllato dall'industria dei contenuti, privarla della neutralità.

Le istituzioni europee si sono riunite nei giorni scorsi per affinare il testo delle disposizioni e per prepararle ad essere messe al voto. Alla Commissione Mercato Interno (IMCO) sono stati sottoposti testi ed emendamenti: IMCO, nell'intervenire sulla Direttiva Servizi Universali, sembra essersi espressa a favore di una rete alla mercé dei provider. Ha infatti dominato la linea tracciata dal rapporto stilato da Malcom Harbour, relatore che, nella propria attività in Europa, sembrerebbe mostrarsi sensibile alle istanze dell'industria dei contenuti. Ha sbaragliato la possibilità di prendere in considerazione certi emendamenti che avrebbero garantito tutele al cittadino in linea con quanto approvato nel rapporto Lambrinidis: filtraggio e potere discrezionale agli ISP, che si troverebbero in una posizione privilegiata per avvantaggiarsi o per stringere alleanze strategiche con i detentori dei diritti, denuncia ad esempio il candidato svedese all'europarlamento Erik Josefsson, veicolando contenuti e servizi attraverso corsie preferenziali e corsie discriminate.

Via libera dunque a non meglio precisate "politiche di gestione della rete". L'obbligo al quale saranno sottoposti i provider sarà semplicemente quello di informare i propri utenti: nel contratto che stipuleranno con i cittadini dovranno indicare le "condizioni che limitano l'accesso o l'uso dei servizi e delle applicazioni", dovranno garantire informazioni riguardo ad "ogni procedura di analisi del traffico e di traffic shaping messa in campo" al fine di non sovraccaricare l'infrastruttura.
Sembrano ora mancare i riferimenti alla proporzionalità nell'utilizzo di queste misure, che erano contenuti nell'emendamento conosciuto in prima lettura come 166: ai provider non viene più raccomandato di soppesare l'introduzione di strumenti per la gestione del traffico tenendo contro della loro effettiva necessità e limitandone il raggio d'azione in modo che non ostacolino "lo sviluppo della società dell'informazione" e che non collidano con "i diritti fondamentali del cittadino, incluso il diritto alla privacy e il diritto ad un giusto processo". L'emendamento è per ora in fase di stallo, verrà ridiscusso.

A presidio dei diritti del netizen ci sarebbe dovuto altresì essere l'emendamento noto come 110, che prevedeva che i provider non fossero coinvolti nel controllo di ciò che i cittadini avessero fatto della connettività, se non sotto l'ordine dell'autorità giudiziaria. L'emendamento è stato modificato: potrebbe agevolare, presso gli stati membri, l'introduzione di sistemi di risposta graduale come quello che la Francia ha ormai innestato nel proprio quadro normativo.

A tutela dei netizen europei nei confronti di meccanismi fatti di giustizia privata, di sorveglianza, di avvertimenti e di disconnessioni avrebbe inoltre dovuto agire l'emendamento 138. Introdotto nel Pacchetto Telecom nei mesi scorsi, stralciato e di nuovo reintrodotto dalla parlamentare europea Catherine Trautmann, avrebbe dovuto impedire che calassero ghigliottine deterrenti e punitive sulle connessioni, sul diritto del cittadino a informarsi e ad esprimersi. Nel corso del trilogo tra le istituzioni europee, sotto le pressioni di Francia e Regno Unito, la disposizione ha subito delle modifiche: non rappresenta più un paletto all'avvento di un regime di risposta graduale che culmina con il blocco dell'erogazione di connettività. Si tratterebbe ora di una semplice raccomandazione non vincolante.

Ma non è tutto: se la prima versione dell'emendamento imponeva che fosse l'autorità giudiziaria l'unica a poter agire sulle libertà del cittadino, ed eventualmente a poterle comprimere per sanzionare comportamenti illegali, il testo del frammento dispone ora che non sia necessariamente l'autorità giudiziaria ad essere investita da questa responsabilità, ma siano invece "le autorità che la legge definisce competenti". L'Hadopi francese, ad esempio, l'Haute Autorité pour la diffusion des ouvres et la protection des droits sur Internet, che non sarà composta da magistrati, avrà libertà di imporre identificazioni e disconnessioni in quanto riconosciuta dalla legge. Sarà la Commissione Industria, ricerca e energia (ITRE) a doversi esprimersi a riguardo in una votazione che, salvo variazioni di programma, avverrà il 21 aprile.

Il voto finale al Pacchetto Telecom è previsto per il 5 maggio. I cittadini della rete hanno organizzato la resistenza, bast avedere http://alessandrobottoni.wordpress.com/2009/04/02/la-resistenza-al-telecom-package/