lunedì 20 ottobre 2008

Crisi economica: facciamo il punto

Leggendo i giornali o sentendo radio e TV, "pare" che siamo in piena crisi economica.
E' vero o è una speculazione?
I principi dell'economia di mercato che hanno retto finora il liberismo americano sono stati infranti, con conseguenze difficilmente stimabili. E per capire la portata degli eventi è necessario fare un passo indietro.
Uno dei principi fondamentali di un'economia di mercato è che chi prende una decisione se ne assume il rischio. È questo nesso che incentiva gli individui e le imprese a compiere scelte corrette e spinge i sistemi economici a dotarsi di istituzioni e regole per favorire e migliorare queste scelte. Le agenzie di rating - oggi sul banco degli imputati - si sono sviluppate maggiormente negli Stati Uniti perché nell'800 l'amministrazione americana si rifiutò - a differenza di molti Governi europei – di garantire il debito delle nascenti ferrovie. E le moderne tecniche di diversificazione del rischio sono nate negli Stati Uniti per aiutare il settore privato a gestire i rischi che si è sempre assunto.
L'unica parziale eccezione a questo principio è stata fatta, storicamente, per il sistema bancario. A causa del ruolo che le banche hanno nel sistema di pagamenti, tutti i sistemi economici hanno una banca centrale che agisce come prestatore di ultima istanza ed estende credito alle banche solventi, ma in temporanea crisi di liquidità. In aggiunta, la maggior parte dei sistemi economici hanno una forma di assicurazione che garantisce i depositi bancari (ma non gli altri investitori) fino ad un certa cifra, per evitare panico e corse agli sportelli. In cambio di questi privilegi, in tutti i paesi al mondo il sistema bancario è fortemente regolato e vigilato.
Lo scorso marzo, di fronte alla crisi di Bear Stearns, la Fed americana estese il ruolo di prestatore di ultima istanza in due direzioni: intervenne in soccorso di una banca d'investimento (che non era regolamentata) e non si limitò solo a un prestito ma si assunse il rischio integrale su 29 miliardi di dollari di mutui detenuti da Bear Stearns. Per la prima volta la Fed assunse il ruolo di investitore - non di prestatore - di ultima istanza. Anche se il valore delle azioni fu quasi azzerato, l'intervento della Fed protesse interamente i creditori di Bear Stearns. La motivazione per un tale intervento fu che il sistema bancario era troppo esposto nei confronti di Bear Stearns troppo impreparato per affrontarne il fallimento.
E qui il sistema capitalistico americano ha fallito, questo è stato il primo segnale che se una società è sufficientemente grande, può fare ciò che vuole, tanto lo stato interverrà per salvarla o sarà una crisi nazionale.
Con questa premessa, ogni amministratore di società sufficientemente grandi è tentato di gonfiare i conti, prendersi stipendi da capogiro e poi far fallire la società con la sicurezza che c'è sempre lo stato a fare da paracadute.
Oggi, grazie alla rassicurazione anche degli stati europei della creazione di fondi di emergenza si sta legalizzando un sistema che succhierà ogni risorsa agli stati, come (in scala minore) è stata nociva la cassa del mezzogiorno, e tutt'oggi assistiamo a mostruosi sprechi dei finanziamenti Europei destinati al Sud Italia.
Il sospetto è che questa manovra sia a favore proprio degli stessi politici (o delle società che li manovra) per poter finalmente mettere le mani sulla più grande risorsa economica esistente in una nazione: il denaro pubblico.

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